Considerazioni su Ernesto De Martino

Luigi Cimmino

Abstract


Dopo aver considerato il retaggio filosofico di De Martino, sottolineando come il pensiero dell’antropologo italiano sia decisamente autonomo rispetto a quello dei filosofi che considera (in particolare Croce e Heidegger) e che tradizionalmente vengono considerati suoi ispiratori, il saggio discute le idee che - secondo l’autore - maggiormente segnano tale autonomia: quella di “crollo della presenza” e di “ethos del trascendimento”. L’articolo tenta così di analizzare e approfondire, con particolare riferimento ai saggi inediti recentemente pubblicati in francese e in italiano, la dimensione che per De Martino sta alla base dell’elaborazione culturale, del vissuto antropologico e dei progetti pratici dell’essere umano. Nel delineare, sempre in modo del tutto personale, la centralità di tale dimensione, connessa ad un certo modo di intendere la strutturale temporalità dei vissuti, De Martino anticipa concetti e strutture che saranno poi variamente discussi all’interno del pensiero contemporaneo, quale ad esempio quello wittgensteiniano di “regola”. In tale quadro, essenzialmente normativo, vale a dire caratterizzato da “mosse” mentali e pratiche per loro stessa natura corrette o scorrette, il saggio considera anche gli argomenti che per De Martino impediscono una compiuta naturalizzazione (riduzione a processi causali di tipo fisico) del pensiero umano.


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