Apocalisse culturale e mutazione antropologica: su de Martino e Pasolini

Pasquale Voza

Abstract


Le categorie e le nozioni costitutive delle indagini e delle visioni di De Martino e di Pasolini presentano notevoli convergenze e punti di contatto ma,insieme,significative differenze. La nozione di mutazione antropologica,di cui parlava Pasolini (con la connessa nozione di «genocidio» culturale),era nutrita di uno sgomento e di un rifiuto assoluto e quasi paralizzante nei confronti di un presente visto come immedicabilmente colonizzato da un nuovo Potere (il Potere consumistico),ma al tempo stesso conteneva una densità ‘duratura’ di elementi di analisi.

In De Martino il concetto di apocalisse culturale,con particolare riferimento a quella che egli considerava l’apocalittica borghese,era forse meno ricco di scandaglio analitico del presente,anche perché scandito e mediato attraverso le grandi esperienze,le grandi “malattie” letterarie e culturali del Novecento (da Thomas Mann a Franz Kafka,a Jean-Paul Sartre,ad Albert Camus,a Alberto Moravia),ma conteneva esplicitamente una peculiare spinta etico-politica (oltre che teorico-metodologica),a cui egli dava il nome suggestivo di ethos del trascendimento. Tale ethos – come egli scriveva negli appunti de La fine del mondo – fungeva da «fondamento trascendentale della stessa presa di coscienza rivoluzionaria»,proprio perché era concepito e proposto come una eccedenza,una spinta biologica e antropologica irriducibile storicamente.


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